Qualcosa che prolunga il corpo, una forma di biomeccanica: ecco cos’è lo zainetto ai tempi della scuola. È ciò che per anni ti sta incollato alle spalle e, se non lo senti, ti sembra d’essere nudo o fin troppo leggero: potresti volartene via al primo soffio di vento. Non che la prospettiva in fondo ti dispiaccia e, se non altro, sai esattamente che cosa ti tiene incollato a terra.

È ciò che non devi dimenticare di riprendere quando lo hai lasciato ai bordi del campo di calcetto per farti una partitella con gli amici: quante corse per recuperarlo! Che ansia di non trovarlo più! E lo stupore di accorgersi fino a che punto nella vita si possa essere sbadati e superficiali.

È un colore, una forma, uno stile che ti caratterizzano e ti segnalano: per sapere chi è arrivato, controlli gli zaini e capisci subito chi c’è o non c’è, anche senza vederlo. È un manifesto su cui scrivere del tuo amore, della tua musica, della tua fede calcistica, del tuo credo politico. È un oggetto da trattar male, da buttare dove capita, da lanciare, da sovraccaricare, da sporcare, da vivere, sicuro che la sua essenza si manterrà intatta e resterà con te a lungo per servirti.

Un compagno di vita e, quando smette il suo servizio e lo riponi in fondo a qualche armadio, riaverlo per caso tra le mani è come tenere la reliquia commovente di anni lontani e luminosi. Chissà se un vecchio zaino vuoto in realtà, a guardarci bene dentro, non contenga pur sempre qualcosa? Qualcosa come tante nostre piccole buffe miniature intente per sempre a fare tutte quelle cose disperate e deliziose che costituiscono la gioventù.